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Un disegno del generale Alfonso La Marmora
con le mani sporche del sangue genovese
sulla copertina del libro di Oneto
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��� Per "festeggiare" il centocinquantesimo dell�unità italiana vengono tirate fuori dagli armadi tutte le vicende più "politicamente corrette", fra le quali rice�vono particolare devozione i moti di rivol�ta contro i regimi oppressori e oppressivi. Grande enfasi è posta nella memoria delle Cinque giornate milanesi, delle sfortunate dieci giornate della Leonessa bresciana e della disperata difesa di Venezia.
Con la parziale eccezione dell�Insor�genza meridionale (che è vicenda troppo grande per essere ancora taciuta), poco o nulla si racconta invece delle rivolte popolari contro l�unità e il regime imposto dai Savoia.
Il primo in ordine di tempo di questi episodi "contro" scoppia a Genova, nella primavera del 1849: il popolo si solleva contro il regime sabaudo, in nome delle libertà politiche ed economiche, e nel ri�cordo e rimpianto della gloriosa Repub�blica soppressa appena trentacinque anni prima dal Congresso di Vienna.
La repressione è brutale.
Per molto meno la storia "ufficiale" ha consegnato al vituperio i repressori della parte perdente: oltre a evidenziare giustamente le tristi imprese di Haynau, la iena di Brescia, il mite Radetzky è stato per decenni dipinto come un fucilatore, e il povero Ferdinando II è diventato "re bomba" per aver fatto cannoneggiare Messina in rivolta. I Savoia hanno fatto molto di peggio, in numero di morti e in ferocia repressiva: hanno favorito le violenze con�tro inermi cittadini che neppure gli austriaci hanno mai tollerato, e le hanno scatenate non contro stranieri o popoli nemici (hanno fatto anche quello, ma solo decenni dopo) ma contro altri italiani, contro gente che la retorica patriottica voleva "fratelli".
Gli eroi controversi della storia �ufficiale�
Ma la storia la scrivono i vincitori (non importa quanto ignobili) e così uno è ritratto sui libri di scuola come il "re galan�tuomo", e suo figlio addirittura come il "re buono". Si tratta di titolazioni concesse in entrambi i casi con un coraggioso sprezzo della verità e del ridicolo, che è stato il solo tipo di coraggio che costoro abbiano mai mostrato.
Quelli che ne hanno con identico spirito indomito eseguito le disposizioni - La Marmora, Spaventa, Cialdini, Cadorna e Bava Beccaris, per limitarsi ai più noti - sono ricordati come condottieri famosi e decorati, spesso titolari di monumenti e dedicazioni onomastiche.
Quella di Genova è stata solo la prima delle "repressioni patriottiche". Un vergognoso saccheggio della città da parte di truppe sabaude "amiche" era già avvenuto qualche giorno prima a Novara, dopo la sconfitta, ma non era un episodio vo�luto; la cosa era scappata di mano ai comandi sabaudi: brutto segno di incapacità ma non di deliberato canagliume.
A Genova invece l�operazione è studia�ta a tavolino e applicata con fredda determinazione: il popolo ligure in rivolta non è considerato un amico che ha dei problemi (non un "compagno che sbaglia" ante litteram) ma un pericoloso ne�mico per il potere costituito, una minaccia per l�unità che si vuole imporre all�Italia.
E' un episodio ignobile e vergognoso su cui si cerca di fare scendere l�oblio. E' sin�tomatico che alla damnatio rnemoriae dei fatti genovesi partecipino non solo i sa�baudisti monarchici ma anche i patrioti repubblicani e mazziniani che hanno sempre visto con terrore ogni iniziativa giudicata localista e separatista: hanno scelto l�unità a scapito della libertà e sono ferocemente coerenti.
La prima macchia della storia unitaria
Genova è la prima macchia sulla gioio�sa e falsa oleografla di un Risorgimento festoso e popolare, di un solare ricon�giungimento spontaneo ed entusiastico di comunità divise dalla nequizia del fato e che non vedevano l�ora di dare compi�mento a un comune destino millenario che esiste solo nelle intenzioni della reto�rica patriottica e che Giarifranco Miglio definiva �finzione verbale, auspicio dell�impossibile�.
Genova è solo l'inizio: verranno Anco�na, il Meridione, Torino, la Sicilia, la bassa padana, fino alle tristi violenze del 1898, mezzo secolo dopo le prime prove di italianità manesca. Poi verranno il Carso, il fascismo e tutte le altre meraviglie. Delle vicende genovesi poco si sa al di fuori del�la cerchia regionale, si trova solo qualche annotazione degli storici più onesti e in�formati. Per questo occorre finalmente fare luce.
Nel centocinquantesimo è bene co�minciare i festeggiamenti con la prima perla della gioiosa collana patriottica.