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- Ghianda -        Dal quotidiano "Libero" di Domenica 01 ottobre 2006 - anno XLI n. 236 - pag. 11   (testo da OCR)


I dialetti ci salveranno dalle intercettazioni

di Gilberto Oneto

- Taci, il nemico ti ascolta! - È dai tempi di Dionisio e del suo Orecchio che i potenti cercano di ascoltare cosa dicono avversari e sudditi: un'interpretazione un po' brutale del "sapere è potere".
Lo spionaggio ha accompagnato tutta la storia dell'uomo ma l'intercettazione è un'arte nata e cresciuta con il telefono. Ci si infila nei fili e nelle centraline si ascolta e si registra.
Quando la tecnologia era rudimentale, si poteva ricorrere, per difendersi, a mezzi altrettanto rudimentali: l'esercito americano nella seconda guerra mondiale impiegava come telefonisti indiani di varie tribù che comunicavano nella propria incomprensibile lingua gettando nello sconforto gli intercettatori nemici.
Oggi lo sviluppo tecnologico è travolgente: telefonini, microfoni a distanza, webcam, satelliti. Possiamo essere spiati e registrati in qualsiasi posto e non ci si può difendere che con l'isolamento, il silenzio (Taci! Il nemico ti ascolta), il linguaggio dei gesti o - come i pellerossa - parlando idiomi che le lunghe orecchie non capiscono.
Anche quella delle lingue segrete è storia antica come il mondo: gerghi iniziatici, vernacoli occulti, di gruppo e di professione.
Gli ombrellai del Vergante che giravano l'Europa si erano inventati un linguaggio tutto loro, il tar�sc, che serviva a celare a terzi i loro segreti artigianali. I soldi si dicevano, ad esempio, murèl e il Pontefice era il Casér di z�rla.
Il mondo moderno si è inventato codici cifrati e criptati, tutte cose complicate e costose. Registrare e spiare telefonate sembra essere oggi normale quotidianità di fronte alla quale siamo impotenti: eppure abbiamo uno strumento semplice, a portata di mano, gratuito. È il trucco degli ombrellai e dei pellerossa: al telefono parliamo dialetto!
Provino a intercettare due bergamaschi o due friulani i cervelloni di Echelon! Gli spioni non potranno capire tutto. Basta per una prima difesa. E non potranno neppure dotarsi di interpreti per le migliaia di lingue locali.
Ci stanno preparando un mondo in cui tutti parleranno inglese (o arabo) e per loro sarà facile controllare tutto. L'inglese da computer, fatto di 400 parole, è intercettabilissimo. In più giocano sulle parole chiave: vediamo però se scatta qualcosa a nominare il Casér di z�rla?
Già gli intercettatori di casa nostra, abituati a ben più dolci parlate peninsulari, si troveranno a disagio con una barbara lingua padana, figuriamoci gli altri! Si sente dire che i dialetti sono inutili. Invece ecco un'altra ottima ragione per rinvigorirli: come strumenti di sicurezza, riservatezza, libertà di parola.
Ci hanno sempre spiegato la storia della torre di Babele come simbolica condanna dell'umana arroganza tramite la moltiplicazione dei linguaggi, che il Buon Dio avrebbe mandato come una biblica maledizione. A volte le metafore sono costruite per essere comprese solo molto più in là nel tempo. Oggi possiamo interpretare la confusione linguistica non come punizione ma come la salvezza dall'omologazione globale, dal Grandi Fratello che tutto vede e tutto ascolta.
Qualche sciagurato aveva associato due secoli fa la libertà all'egalité e ha combinato un sacco di guai di cui paghiamo ancora le conseguenze. Non è infatti l'uguaglianza ma la diversità che ci fa liberi.



Milano, 01 ottobre 2006
Gilberto Oneto


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Gilberto Oneto - "I dialetti ci salveranno dalle intercettazioni"
- Dal quotidiano "Libero" di Domenica 01 ottobre 2006 - anno XLI n. 236 - pag. 11   (testo da OCR)