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- Ghianda -        Dal quotidiano "Libero" di Sabato 02 agosto 2008 - anno XLIII n. 184 - pagg. 1 e 27   (testo da OCR)

      IL CASO GARIBALDI

Forza col martello per abbatterlo. Dopo di lui tocca a Bixio e Crispi
Basta con la retorica e le celebrazioni: il capo dei Mille era un babbeo e l'esito delle sue
imprese è stato fallimentare. È ora di raccontare la storia nascosta dietro al Tricolore.


di Gilberto Oneto
"L'iperitaliano"
Eroe o Cialtrone?
Biografia senza censure di
Giuseppe Garibaldi
- L'IPERITALIANO - Gilberto Oneto - 2006, Il Cerchio (collana Gli archi) - Nell'immagine: la biografia firmata da Gilberto Oneto - 2006, Il Cerchio (collana Gli archi)

Garibaldi è sicuramente l�italiano più conosciuto nel mondo.
La sua memoria è stata contesa da tutte le parti politiche, che lo hanno citato, tesserato, messo sui manifesti e addirittura sui simboli elettorali.
Per più di un secolo è stata la più rassicurante icona del patriottismo, è stato l�eroe buono, senza macchia e senza paura, l�eroe dei due mondi, l�uomo di cui "non si poteva parlare male".
Ma lo era davvero, come descrivono i libri scolastici e certi sceneggiati televisivi?
Era davvero il coraggioso cavaliere in camicia rossa che lottava per la liberazione degli oppressi in ogni angolo del mondo?
Era davvero l�uomo generoso e disinteressato che aveva scambiato un regno per un sacco di sementi?
Ma, soprattutto, sapeva davvero fino in fondo quello che stava facendo?
Era il protagonista responsabile e libero delle sue gesta?
Questo libro cerca di scoprire chi era davvero l�uomo Garibaldi, e lo fa rovistando fra le fonti, cercando nelle biografie e nei davvero numerosissimi studi che gli sono stati dedicati.
Dietro i monumenti, le sparate patriottiche o le insinuazioni c�era un uomo.
Era un eroe, come si proclama, o un cialtrone, come si sussurra?


© 2006 IL CERCHIO INIZIATIVE EDITORIALI
via dell'Allodola, 8 - 47900 Rimini
Tutti i diritti riservati

ISBN 88-8474-116-5
[email protected]
www.ilcerchio.it

Tecoppa di tutta Italia unitevi!
Non mi piacciono quelli che vogliono cancellare i segni dei "passati regimi", gli Zapatero che maramaldeggiano per togliere qualche targa o monumento a gente morta da trent'anni.
Non provo grande tenerezza neppure per i sindaci che distruggono le proprietà comuali.

Devo però ammettere una viscerale simpatia per il signor Enzo Sindoni, primo cittadino di Capo d'Orlando, e per le sue liberatorie martellate.
Al di là del valore venale del danno - di cui, stiamone certi, sentirà il civico impulso di occuparsi qualche magistrato - il signor Sindoni non rientra nella categoria dei ribaldi iconoclasti che si accaniscono contro gli sconfitti ma a quella dei ribelli che attentano a un simbolo del potere imperante.

Nel 1961 un gruppo di autonomisti sudtirolesi aveva fatto saltare in aria la statua metallica del genio italico a cavallo con le fattezze di Mussolini, e perciò localmente nota come "Aluminiumduce".
Non è stato un colpo particolarmente. duro per il patrimonio artistico nazionale ma un chiaro segno di ribellione contro lo Stato rappresentato da quella immagine.
Naturalmente anche allora torme di galantuomini avvolti nel tricolore, come Gea della Garisenda quando cantava «Tripoli bel suoI d'amore» hanno gridato all'insulto all'unità e alla dignità nazionale, incuranti dell'inconfondibile profilo del cavaliere abbattuto. Figuriamoci oggi che si tocca sì una semplice placca, ma dedicata alla più idolatrata icona patriottica.
Legioni di Tecoppa si sono levate all'unisono a gridare la loro indignazione sfoderando tutto il parafernale di santini che viene fatto sfilare in queste occasioni. Di tutto e di più.


Il retorico repertorio sull'Eroe barbuto

È ricomparso il più retorico repertorio sull'Eroe dei Due Mondi, si sono ricordate collusioni fra alcuni separatisti siciliani e la mafia, e si è cominciato a rovistare nel passato del sindaco.
Artificio famigliare a certi ambienti: come il vigile Melone, che aveva dato una multa a un «lei non-sa-chi-sono-io», ed era perciò finito nel tritacarne delle illazioni sulla virtù delle donne di famiglia.

Chi se ne frega di che cosa abbia fatto il signor Sindoni (sfortunato nel cognome...) da giovane. Guardiamo al suo gesto politico di oggi.
È stato eletto dai suoi concittadini? Non vuole più una via Garibaldi al suo paese? Avrà il diritto di esprimere la sua opinione su un personaggio o su un evento storico? O, davvero, nella Repubblica di Tecoppa, ancora non si può parlar male di Garibaldi e di tutto il resto?

Garibaldi, che Lorenzo del Boca ha definito «un onesto babbeo» riscuotendo unanimità sul sostantivo, credeva sinceramente negli ideali per cui combatteva?
Questo non toglie che una bella fetta dei suoi sodali non fosse proprio adamantina e che l'esito della sua azione non abbia prodotto le gran meraviglie che si raccontano negli inni e nelle poesie.

Qualcuno ritiene che l'esito delle fatiche risorgimentali sia stato disastroso? È libero di farlo e - occorre dire - è anche supportato da un ricco repertorio di pezze giustificative.
Senza scomodare gente come Nuvolari (l'ufficiale garibaldino che ha scritto che se avesse potuto prevedere gli esiti dei suoi sacrifici, si sarebbe dedicato ad altro) o lo stesso Garibaldi, che alla fine della sua vita ha espresso opinioni poco lusinghiere sull'Italia che aveva contribuito a costruire, sarebbe sufficiente esprimere un evangelico giudizio sull'albero in base ai frutti che ha dato.

Di frutti avvelenati (guerre, dittatura, miseria, corruzione, criminalità organizzata, tasse ed emigrazione) questa unità ne ha prodotti tanti e forse sarebbe il momento che ci interrogassimo serenamente anche su certe facce dell'album di famiglia che ci è stato imposto.
Serve che un sindaco prenda a martellate una targa? Evviva questo sindaco!

Ha ragione anche Raffaele Lombardo quando dice di voler allargare il tiro a Crispi, Bixio e altri. L' elenco delle titolazioni stradali da cambiare è lungo. Ci sono meridionali e settentrionali: quella dei furbastri e dei profittatori è la più granitica delle unità bipartisan d'Italia.
Ha un po' meno ragione quando dice di volersi liberare dei monumenti ai Padri, padrini, generi, amanti e cognati della Patria che intasano i nostri paesaggi urbani.
Non si accodi alle giacobinate e zapaterate: tutti quei monumenti sono testimonianze storiche che è utile lasciare e alcuni hanno anche qualche valore artistico.
Cambiare i nomi delle strade va bene. Ancora meglio è raccontare ai giovani anche la storia che è stata nascosta dietro al tricolore.

Si potrebbero anche erigere monumenti a eroi meno fasulli. Non c'è che l'imbarazzo della scelta: in Sicilia andrebbero - ad esempio - benone sia Beneventano del Bosco che Ippolito Nievo, uno che non era abbastanza patriota da "restare a galla".


Concentrarsi sul valore del Risorgimento

Sarebbe bello che, invece di dar fiato al coro indignato delle vestali patriottiche, ci si potesse confrontare serenamente sul valore democratico e partecipativo del Risorgimento (plebisciti e dintorni), sui veri collegamenti con mafia e camorra, sul ruolo dell'Inghilterra, su chi pagava e chi intascava, sulla guerra del brigantaggio, sulle pensioni, sugli sprechi, sui furti, sugli affari della famiglia Garibaldi, su tutta la gloriosa epopea che va da Marsala, Bava Beccaris, Cadorna, Moranino fino alla casta che ne è l'esito coerente.
Come diceva Cattaneo, non è problema di unità ma di libertà.



Milano, 02 agosto 2008
Gilberto Oneto


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Gilberto Oneto - "Il caso Garibaldi - Vai col martello, poi tocca ai Mille"
- Dal quotidiano "Libero" di Sabato 02 agosto 2008 - anno XLIII n. 184 - pagg. 1 e 27   (testo da OCR)